Alcune notizie sulla grafica originale d’autore

Le stampe comunemente vengono distinte secondo il tipo di matrice: xilografia se la matrice è di legno, acquaforte se di metallo (zinco o rame), litografia se di pietra, serigrafia se di seta. Questa distinzione è da considerare piuttosto approssimativa da quando sono state introdotte nuove tecniche e nuovi metodi di stampa. Più appropriata è la distinzione che si basa sul modo con il quale la matrice trasporta l’inchiostro sul foglio: la matrice può portare l’inchiostro o con la parte in rilievo, o in cavo, o in piano. Ci soffermeremo soprattutto sulla stampa in cavo (calcografia) che è la tecnica con la quale operiamo normalmente, ma faremo anche qualche cenno agli altri tipi di stampa. La prima forma di stampa è stata quella in rilievo (inizi del XIV secolo: ma già da molto prima era conosciuta in Cina). Partendo da una matrice di legno duro (bosso, ciliegio) l’incisore libera il disegno servendosi di varie sgorbie e lascia così in rilievo soltanto la parte che dovrà essere stampata. La parte in rilievo viene inchiostrata con un rullo; la stampa si ottiene poi stendendo un foglio sulla matrice cosi inchiostrata ed esercitando un peso uniforme con un torchio a pressione verticale. La stampa ricavata da una matrice di legno si chiama xilografia. Attualmente però le matrici in legno sono quasi sempre sostituite dal linoleum che è un materiale molto più facile da lavorare. La xilografia è una tecnica quanto mai difficile e faticosa: gli errori si eliminano sempre con estrema difficoltà. Questa tecnica, usata specialmente nel XIV e XV secolo, cadde in disuso fino alla fine dell’800 quando venne ripresa soprattutto dagli espressionisti.

Stampa in piano

Un brevissimo cenno a questo tipo di stampa la cui tecnica principale è la litografia. La litografia si basa sul principio dell’idrorepellenza. La matrice (pietra bavarese o zinco) viene disegnata con una matita grassa e poi sottoposta a trattamenti con soluzioni di gomma arabica, acido e acqua. Allo stato finale, la parte disegnata sarà in grado di trattenere l’inchiostro; la parte non disegnata, opportunamente bagnata, respingerà invece l’inchiostro. La stampa si esegue con un apposito torchio. La litografia, come pure la xilografia si distingue dalle stampe calcografiche, oltre che per più sottili aspetti, per la mancanza sul foglio dell’impronta della matrice. Nella stampa in piano e in rilievo inoltre l’inchiostro lascia sempre una pellicola sottilissima e impercettibile; nella stampa calcografica l’inchiostro invece ha uno spessore più o meno marcato. Un cenno infine alla serigrafia che è una tecnica più antica originaria della Cina. Non rientra in nessuna delle precedenti classificazioni in quanto si basa su un processo tutto particolare. Infatti la matrice è un telaio di seta nel quale, con apposite gelatine, si coprono le parti che devono restare bianche, con una spatola si fa passare il colore sul foglio attraverso le maglie libere della gelatina. Sia nella litografia che nella serigrafia è diffusissimo l’impiego di mezzi fotomeccanici per il riporto del disegno sulla matrice. Ma se il ricorrere a mezzi fotomeccanici è sistema ormai invalso, certo è che siamo anche fuori dal campo rigoroso della grafica originale e tutto questo, a dir la verità, non ci interessa.

TECNICHE XILOGRAFICHE

La XILOGRAFIA e' la piu' antica tecnica grafica utilizzata per riprodurre copie di disegni e iscrizioni. Su di una tavoletta di legno, la matrice, una volta tracciato o riportato il disegno, si procede con strumenti appositi ad asportare le parti che non costituiscono l'immagine, risparmiando le figure e i loro contorni che rimarranno quindi in rilievo; per questo motivo e' anche definita tecnica al risparmio. Sulla matrice debitamente inchiostrata va steso il foglio su cui, tramite pressione, rimane impressa l'immagine, speculare rispetto a quella intagliata. Per un buon risultato del lavoro si usano legni di grana compatta e senza lunghe fibre. I piu' indicati sono quelli da frutto, come il ciliegio e il pero o i durissimi sorbo e bosso. Esistono due tecniche xilografiche che si differenziano in rapporto agli strumenti utilizzati. L'INTAGLIO XILOGRAFICO e' la tecnica piu' antica (risale, in Europa, ai secoli XI-XII) ed e' eseguita esclusivamente con l'utilizzo di sgorbie e coltelli, su matrici di filo: tavolette di legno tagliate secondo piani paralleli al tronco, talche' presentano le fibre (la venatura) nella loro lunghezza. La xilografia su legno di filo permette l'uso di legni di grandi dimensioni e, conseguentemente, un intaglio gestuale, libero e istintivo. La stessa tecnica e' utilizzata per intagliare le matrici in linoleum (linoleografia) o altri materiali plastici. L'altra tecnica e' l'INCISIONE XILOGRAFICA (l'invenzione si fa risalire all'inglese Thomas Bewick, nel 1775) ed e' eseguita su legno di testa. La matrice si ricava tagliando il tronco non piu'longitudinalmente ma trasversalmente rispetto alla sua altezza, ottenendo una superficie molto compatta e omogenea, dato che il legno di testa presenta le fibre troncate. Una matrice di testa s'incide con le punte e i bulini utilizzati per l'incisione calcografica diretta, permettendo un segno preciso e finissimo. Recentemente si utilizzano per l'incisione xilografica anche matrici in materiali plastici o resine sintetiche. La xilografia policroma, che compare gia' alla fine del Quattrocento, per riprodurre l'effetto delle xilografie monocrome acquerellate, fa uso d'ulteriori matrici che creano fondi colorati o parte di questi. Nei primi anni del Cinquecento furono introdotte altre due tecniche particolari: una olandese, il camaieu, inventata da Jost de Negker attorno al 1510; l'altra italiana, il chiaroscuro, che Ugo da Carpi adotto' nel 1516. Questi due procedimenti, molto spesso confusi, sono completamente diversi. Per il camaieu occorrono almeno due legni: uno su cui e' inciso il tratteggio del disegno, che puo' essere anche stampato da solo, l'altro che va a costituire le tinte piatte di sfondo con eventualmente piccole decorazioni o integrazioni paesaggistiche. Nella xilografia a chiaroscuro invece vi sono matrici incise a piatto, che formano cioe' le tinte del disegno, alla prima piu' chiara se ne sovrappone una di tonalita' piu' scura che accentua alcune parti e rialza i valori tonali del disegno, poi eventualmente una terza ancora piu' scura e cosi' via. Una matrice per ogni tinta per ottenere, mediante sovrapposizione, piu' toni: con l'utilizzo di due matrici si ottengono tre differenti toni; con tre matrici ben sette toni, ecc. Evidente quindi come in un camaieu il primo legno inciso a tratteggio basterebbe da solo per dare il disegno, mentre nel chiaroscuro italiano e' indispensabile stampare piu' legni.

Acquaforte

La matrice solitamente è una lastra di rame o zinco, ma si possono usare anche altri metalli. La lastra, accuratamente sgrassata, viene tutta ricoperta con una vernice bituminosa che la rende inattaccabile agli acidi. Sulla lastra così verniciata si traccia il disegno con una punta d’acciaio: dove passa la punta, la vernice viene asportata e il metallo è messo a nudo. Ovviamente si possono usare punte di diversa forma per ottenere segni di diverso tipo. La lastra, a disegno ultimato, viene immersa in una soluzione di acqua ed acido nitrico (questa miscela anticamente si chiamava “acquaforte”). È questa la fase della morsura: secondo il tempo di immersione della lastra, l’acido morderà più o meno profondamente e all’atto della stampa si avrà un segno più o meno intenso. La graduazione dei segni, oltre che con l'uso di punte diverse, si può ottenere con morsure successive coprendo di volta in volta i segni che si vogliono meno incisi. Terminata la morsura e liberata la matrice dalla vernice protettiva, si passa alla stampa. Per questa operazione si usa il torchio calcografico che è formato da due cilindri sovrapposti e divisi da un piano scorrevole: il movimento viene impresso facendo ruotare dei bracci a stella fissati ad uno dei cilindri. La carta, che è d'impasto particolare, va inumidita in modo che, sotto la pressione dei cilindri, le fibre siano spinte più facilmente a pescare l'inchiostro nei solchi della matrice. Ad ogni tiratura la lastra va inchiostrata: l'inchiostro viene steso con un tampone di cuoio su tutta la matrice mantenuta calda su un fornello. Fatta poi raffreddare la lastra, si passa alla pulitura dell'inchiostro, la si pone sul piano del torchio, si sovrappone la carta umida, si stende sopra un feltro e, regolata la pressione dei cilindri, si gira ottenendo finalmente una stampa. Per inciso va fatto presente che la stampa non è una fase marginale o meccanica, ma è parte integrante e decisiva di tutto il processo che conduce al foglio finito. Va anche detto che la maggior parte degli artisti sono soliti affidare la tiratura delle proprie lastre a stampatori professionisti, ma certo è che l'incisore è sempre il miglior stampatore delle proprie lastre e non c'è buon incisore che non sia anche buon stampatore.

Acquatinta

È una tecnica con la quale si ottengono effetti di chiaroscuro. Questo risultato si raggiunge spargendo sulla lastra libera dalla vernice bituminosa una polvere resinosa (colofonia) che viene poi fatta aderire riscaldando la matrice. La polvere, con il calore, fonde, lasciando tra un granello e l’altro un minimo spazio libero dove l’acido andrà a mordere. Anche qui si possono usare morsure graduate, diversi calibri e tipi di polvere per avere poi graniture diverse. Vi sono anche altri metodi per fare un’acquatinta che si basano sull’impiego del sale, dello zucchero, dello zolfo. L’acquatinta, più che da Sola, viene usata con l’acquaforte. Si usa anche per ottenere stampe a colori: in questo caso ogni lastra, opportunamente granita, stampa un solo colore. Vi è anche un altro metodo per ottenere stampe a colori usando una sola lastra: in questo caso di distribuiscono i vari colori nelle diverse parti della lastra, e, con una sola tiratura, si ha una stampa a più colori. Ovviamente gli effetti sono molto diversi rispetto al metodo basato sull’uso di più lastre.

TECNICHE LITOGRAFICHE

La terza tecnica d'incisione e' la stampa planografica: la LITOGRAFIA. Se per la xilografia e per la calcografia indicare una data precisa di nascita e' molto difficile o pressoche' impossibile, per la litografia abbiamo sia un inventore che una data. Nel 1796 Aloys Senefelder inizio' ad utilizzare un particolare tipo di pietra calcarea per stampare delle immagini. Il processo e' molto semplice: questa pietra ha la proprieta' di trattenere i grassi se asciutta e di respingerli se bagnata, quindi su matrici perfettamente lisce e asciutte si disegna con un'apposita matita grassa, si bagna la pietra, che ha la particolarita' di assorbire e trattenere a lungo l'acqua, e s'inchiostra. L'inchiostro grasso verra' trattenuto sulle parti disegnate e respinto da quelle bagnate, dopo si proce alla stampa con un particolare torchio orizzontale. La facilita' e velocita' di preparazione delle matrici ne decretarono subito un successo e un'ampia diffusione all'interno dell'industria editoriale. In pochi anni fu sviluppato il processo di CROMOLITOGRAFIA che consente, attraverso l'utilizzo di piu' pietre inchiostrate con diverse tinte e stampate in successione, di ottenere stampe a colori. Bisogna inoltre tener conto che una matrice litografica una volta ripulita e' utilizzabile un numero pressoche' illimitato di volte. Nell'ambito delle incisioni originali la litografia, permettendo il disegno diretto sulla matrice (seppure speculare all'immagine ottenuta dopo la stampa), consente di saltare i lunghi passaggi di trasposizione e ribaltamento dell'immagine iniziale sulla matrice - come invece e' necessario per la xilografia e la calcografia -, riproducendo fedelmente la freschezza originale del segno. Proprio per queste caratteristiche molti artisti si sono avvalsi della litografia per creare grafiche originali. Si spazia da realizzazioni lineari come quelle qui in mostra di Pablo Picasso in cui, in punta di matita, traccia figure d'estrema freschezza che riempiono lo spazio compositivo, oppure quelle di Carlo Carra' che aggiunge un lieve tratteggio per rialzare le forme. La duttilita' di questa tecnica consente di ottenere sfumature morbidissime, non distanti da quelle della maniera nera. Altra tecnica litografica molto frequentata dai vari artisti, e' la cromolitografia. Ben documentata in mostra da Giorgio de Chirico che se ne avvale alla stregua di una coloritura camaieu e da Massimo Campigli, dove le differenti tinte si compenetrano, miscelandosi in composizioni morbide al limite della rarefazione. Campigli prepara le matrici al risparmio, come fossero xilografie: le ricopre di inchiostro grasso (che in stampa darebbe una tinta piatta) e pulisce man mano il disegno asportando l'inchiostro e risparmiando le parti che poi saranno stampate. Il segno della pulitura non e' netto e si ottiene cosi' quella particolare atmosfera ovattata. Tinte piu' forti, quasi gridate, sono quelle delle cromolitografie di Joan Miro'. Egli utilizza tinte primarie e secondarie sature, impresse in sovrapposizioni e accostamenti impetuosi.

Cera molle

La matrice viene ricoperta da una vernice composta di cera e sego. Il disegno viene tracciato con una matita interponendo alla lastra fogli di carta di diversa granulosità: il segno che ne risulta è piuttosto irregolare e morbido come fosse un disegno a lapis (tant’è che questa tecnica si chiama anche “maniera a lapis”). Per concludere sui vari metodi d’incisione in cavo è utile dire che spesso le varie tecniche vengono combinate tra loro secondo le preferenze di ciascun incisore.

Incisione a bulino

II bulino è uno strumento d’acciaio composto da un’asta quadrangolare, da una punta affilatissima e da un manico rotondo. Il bulino asporta il metallo in profondità sollevando ai lati delle “barbe” che vengono poi tolte con un raschietto. Maestri insuperabili di questa tecnica furono i tedeschi, Dürer in testa.

Puntasecca

La “puntasecca” si ottiene disegnando sulla lastra con una punta d’acciaio: il segno in questo caso è molto più veloce e libero che nel “bulino”. Le sottili barbe che si sollevano non vengono però asportate e sono queste a dare al segno stampato un carattere delicato. Con questa tecnica si possono ottenere pochissime copie in quanto la pressione del torchio finisce per schiacciare le barbe.

Maniera Nera (o Mezzatinta)

Lo strumento di questa tecnica è una mezzaluna d’acciaio munita di denti sottili: con questo strumento si traccia sulla lastra una serie fittissima di segni incrociati sino ad ottenere una superficie uniformemente segnata che, se stampata, darebbe un fondo nero. A questo punto si usa un secondo strumento: il brunitoio, con il quale, schiacciando più o meno i segni, si ottiene tutta la gradazione dei grigi, sino al bianco. Anche con questa tecnica il numero di copie che si possono tirare è molto basso. Come avevamo detto, il segno inciso può essere ottenuto anche indirettamente con l’aiuto di “medium”: si hanno così le più diffuse tecniche di incisione quali: l’acquaforte - l’acquatinta, la cera molle.

Stampa in cavo

La tradizione vuole che Maso Finiguerra (1426-1464), orafo fiorentino, abbia scoperto l’incisione in cavo. Gli orafi eseguivano i “nielli”: il niello non era altro che l’incisione di un disegno al bulino su una lastrina d’argento. Entro il solco del disegno così tracciato veniva versato il “nigellium”: un pasto di piombo, argento, rame e zolfo che, riscaldato, si fondeva negli incavi. Scopo del niello ovviamente non era la stampa, ma semplicemente ottenere un disegno nero su un fondo argento. Maso Finiguerra appunto avrebbe premuto uno di questi nielli su un foglio di carta ottenendo così la prima stampa calcografica. Il segno nella matrice di metallo (rame, zinco, acciaio) può essere ottenuto direttamente con appositi attrezzi o indirettamente con un medium (acido). Forme di incisione diretta sono: il bulino, la puntasecca e la maniera nera.

TECNICHE SERIGRAFICHE

La SERIGRAFIA artistica (poiche' per uso seriale in Cina era praticata da secoli) ha anch'essa origini note: verso la meta' del XVII secolo il giapponese Some Ya Yu Tzen inventa il processo permeografico che sara' conosciuto dal mondo solo alla meta' dell'Ottocento per tramite degli Inglesi, con il nome di serigrafia. Il procedimento e' elementare: la matrice e' un telaio su cui viene fissato un tessuto a trama aperta che sara' poi impermeabilizzato a seconda del disegno. In fase di stampa l'inchiostro spinto da una racla (una sorta di stecca di gomma) filtra attraverso le parti di tessuto non trattato depositandosi sulla superficie sottostante. Per questa tecnica in origine si utilizzavano matrici di seta (da qui il nome) mentre negli ultimi decenni sono stati introdotti materiali sintetici che, uniti a nuovi sistemi di stampa, permettono un'estrema duttilita' di tutto il processo, anche in lavori a molti colori. La caratteristica principale della tecnica serigrafica e' la possibilita' di utilizzare inchiostri saturi e coprenti ottenendo ampie superfici omogenee. Facile comprendere, ora, come la grafica originale ha acquisito una vita autonoma, affermandosi pienamente dai primi anni del Novecento con le proprie valenze e il proprio linguaggio e noi oggi assistiamo al crescente interesse del pubblico.